‘Alla ricerca dell’equità!’, di Claudia Radi

In queste mie divagazioni personali, inevitabilmente, rifletto su problematiche attuali che mi coinvolgono da vicino e che preferisco affrontare con approccio logico/filosofico (piuttosto pragmatico…), invece di lasciarmi trascinare nella sbeffeggiante confusione d’azione e d’intenti che mi circonda.

Ad esempio, riflettendo, credo di avere capito quale sia il problema fondamentale attuale; ritengo indispensabile risolverlo, altrimenti, inevitabilmente, rimarremo incagliati in questa impasse che sembra durare un’eternità e dalla quale osserviamo attoniti la distruzione di valori, diritti e di rispetto per la vita altrui.

Il problema fondamentale attuale, dicevo, è quello di esserci dimenticati le connotazioni di quello che rappresenta ‘il bene’ e di quello che rappresenta ‘il male”.

 Come si fa a ritrovare nelle nostre azioni questi significati che, nella maggior parte dei casi, sembrano svaniti, senza cadere nell’altra impasse rappresentata dal libero arbitrio?

Se non erro, mi sembra di avere già espresso delle opinioni sul concetto di libero arbitrio…

Per l’esattezza, nel mese di dicembre dello scorso anno, gli dedicai un’intera divagazione personale dove precisai che:” Non dobbiamo dimenticare, infatti, che l’esercizio del libero arbitrio è un concetto fluido e, come tale, dipende da molteplici fattori: culturali, sociali e personali… Una comprensione più approfondita del concetto di libero arbitrio potrebbe aiutare a sviluppare una visione più bilanciata che non escluda l’esercizio della libertà individuale.”

Purtroppo, questo lavoro di comprensione auspicato non è stato fatto.

Al contrario, questo appello alla responsabilità individuale sembra essersi sciolto come neve al sole, in questa società ormai definitivamente ‘liquida’, così come il famoso sociologo Zygmunt Bauman l’ha definita parlando della crisi della comunità e della conseguente emersione di un individualismo sfrenato.

Crisi della comunità che si acutizza quando gli interessi economici dell’élite sono messi a dura prova dalla crisi economica in atto.

 In questo concetto di liquidità, però, vorrei porre ulteriori argomentazioni.

Cercherò di semplificarle con un esempio e utilizzando delle metafore.

Prendiamo delle vaschette e poniamole su diversi livelli, dai più alti a quelli più bassi.

Versiamo dei liquidi all’interno delle vaschette superiori.

Precedentemente abbiamo collegato tra loro le vaschette attraverso dei tubi comunicanti e la forza di gravità, che agisce senza operare discriminazioni, fa sì che il liquido passi dalle vaschette più alte a quelle più basse.

Nelle vaschette poste più in basso, quindi, confluirà tutta la liquidità esistente.

Nella base, quindi, metaforicamente parlando, tutti i concetti liquefatti di questa società moderna che traboccano.

Al vertice di questa piramide di vaschette, quindi, non resterà più nulla: solo contenitori vuoti.

Per una legge della fisica la base si trova a raccogliere tutto il flusso delle mancate riflessioni che questa modernità liquida produce.

Evidentemente non potrà farcela a contenerlo, e ricordiamoci che è la base la forza primaria che sostiene tutta la struttura.

Se la base non riesce più a contenere tutta la ‘liquefazione’ causata dalla modernità, il tracollo sarà inevitabile.

 In considerazione delle leggi della fisica, quindi, sarebbe opportuno ripristinare la memoria di quelle azioni giuste che promuovono ‘il bene’, retrocedendo da questa volontà di agire malamente a scapito della base che sostiene…

E questo vale per ogni settore e ambito, sia sociale che personale.

La soluzione al problema di aver perso la comprensione di quello che rappresenta la giusta connotazione di ‘il bene’ e ‘il male ‘ per la società e per la vita personale, non si troverà mai, se non cessa l’esercizio di questo individualismo sfrenato che ha organizzato sé stesso in gruppi, dove una testa attaccata a mille tentacoli si muove rapidamente con l’unico scopo di espanderli nello spazio circostante, ancora una volta asfissiandolo.

L’equità, forse una soluzione potrebbe essere quella di cominciare a ricercare l’equità nei risultati che vogliamo ottenere.

In questo senso, l’equità implica una distribuzione equa delle risorse, delle opportunità e dei benefici.

Equità come sinonimo di giustizia, rappresentata dal trattare ognuno sulla base dei diritti esistenti che gli appartengono e tenendo nella giusta considerazione i meriti e le colpe, con assoluta imparzialità.

Non solo una giustizia formale, quindi, ma una giustizia sostanziale e distributiva che consideri le differenze e intervenga attivamente per compensare le disuguaglianze esistenti.

In conclusione, perseguire l’equità significa lavorare per creare una società in cui ciascun individuo possa realizzare il proprio potenziale, senza essere limitato dalle circostanze in cui è nato o vive.

Solo attraverso l’equità possiamo costruire una società veramente giusta e inclusiva.

Senza ricercare l’equità dei risultati, non riusciremo a ripristinare l’esercizio della giustizia, della pace e della logica del pensiero, ai quali tanto dobbiamo per scongiurare la violenza che ci circonda e che ci riguarda tutti indistintamente.

(di Claudia Radi copyright 2024)

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