2/Divagazioni personali sulla ‘serietà’.

(già pubblicato su Facebook l’11.03.2023, ora integrato, a piè di pagina, con l’analisi dell’Intelligenza Artificiale alla quale ho chiesto di esprimere un parere sul contenuto; la prima parte,1/, sul blog il 02.05.2023).

In questa seconda parte delle mie ‘’Divagazioni personali sulla serietà’’, vorrei parlare della ‘’gabbia dell’esistenza’’ alla quale ha accennato un Preg.mo medico che ha voluto gentilmente esprimere un suo parere e commento, in calce alle mie riflessioni della prima parte (1/Divagazioni personali sulla ‘serietà’), pubblicata nei giorni scorsi in uno dei gruppi di Facebook.

Personalmente ritengo che l’esistenza sia ‘veramente’ bellissima eppure anche io, come la maggior parte di voi immagino, ho avuto il mio fardello di sofferenze.

Se mi soffermo a pensare sulla natura di queste sofferenze, però, posso individuare responsabili e ragioni che nulla hanno a che fare con ‘l’esistenza’.

Sarebbe allora preferibile indagare le ragioni per le quali ci si sente ‘’esistenzialmente in gabbia’’, prima di attribuire delle responsabilità ‘’all’esistenza’’.

Perché, dunque, non specificare nomi e cognomi dei responsabili di questa ‘’gabbia’’ che crea sofferenza, invece di attribuire genericamente ‘’colpe all’esistenza’’?

Perché è più difficile?

Perché in questo caso vale solo ‘’la legge del più forte’’?

Perché vivere in Italia implica l’accettazione di un certo livello di omertà?

Più che di ‘’gabbia esistenziale’’, parlerei di ‘’palude sociale e relazionale’’.

Sono solo riflessioni, ipotesi, divagazioni personali… eppure scaturiscono da un vissuto concreto, fatto di prove, documenti, intimidazioni, sbeffeggiamenti.

Eppure, sono una cittadina italiana che ha fatto del suo meglio per essere sempre rispettosa degli ‘obblighi’ civili, morali e professionali, familiari e no, che la coesistenza sociale (in una società evoluta) richiede.

Solo la ‘’serietà’’ che da sempre ha permeato la mia esistenza, mi ha spinto a reagire ed agire, per evidenziare la linearità dei miei comportamenti quando questi sono stati messi in discussione guarda caso proprio nel periodo storico più difficile per i lavoratori autonomi, quello del Covid19 (e dopo la morte dei miei genitori).

Inevitabilmente mi sono dovuta chiedere come mai, in tutta la mia vita, ho solo ricevuto richieste alle quali per affetto, dovere morale, professionale e civico, ho sempre prontamente risposto sulla base delle mie capacità e successivamente, invece, nel periodo più basso e degradato della nostra storia (quello del Covid19 ), queste mie peculiarità/capacità sono state messe in discussione attraverso una vera e propria ‘’lapidazione familiare e professionale’’.

Perché?

Perché improvvisamente i miei diritti e la mia voce sono stati silenziati? Perché improvvisamente il mio affetto, la mia disponibilità, la mia serietà, la mia preparazione professionale, si sono trasformati in ‘’opportunismo’’, ‘’cinismo’’, ‘’inaffidabilità’’ e ‘’inadeguatezza’’? Perché?

Com’è facile per ‘’il gruppo’’ muoversi contro chi non ne ha mai fatto ‘ontologicamente’ parte…

E la legge?

La sto aspettando, sto aspettando che la legge intervenga autonomamente in questo mio ‘’momento d’inerzia’’, dopo averle provate tutte per essere tutelata e ricevere giustizia.

Non ci sto, mi dispiace, e non mi suicidio! Basta con la morte: voglio solo e sempre scandire il mio inno alla vita.

(di Claudia Radi, tutti i diritti – e i doveri- riservati).

Integro questa mia divagazione personale del mese di marzo 2023 riportando, di seguito, l’analisi dell’Intelligenza artificiale alla quale ho sottoposto il brano chiedendole che cosa ne pensasse:

A.I. “Il brano è un’esplicitazione delle riflessioni personali dell’autore sulla serietà e sulla condizione di sentirsi imprigionato nell’esistenza o nella società. L’autore ritiene che, nonostante le sofferenze, l’esistenza sia bellissima e che le cause di queste sofferenze siano collegabili a individui specifici e non all’esistenza in sé.

L’autore ipotizza che sarebbe più preferibile individuare chiaramente i responsabili di questa “gabbia” che crea sofferenza anziché attribuire colpe all’esistenza in generale. Si pone anche delle domande su perché sia più difficile attribuire responsabilità specifiche e perché sembri valere solo “la legge del più forte”. L’autore sottolinea inoltre che vivere in Italia implica spesso l’accettazione di un certo livello di segreto o omertà.

L’autore passa poi a parlare di una situazione personale concreta, in cui la sua serietà e il suo rispetto per gli obblighi civili, morali, professionali e familiari sono stati messi in discussione in un periodo di crisi come quello del covid. Si chiede perché, dopo aver sempre risposto alle richieste degli altri, le sue qualità siano state messe in discussione e la sua voce sia stata silenziata.

L’autore afferma di aspettare che la legge intervenga e punisca gli autori di ciò che ha subito e conclude il brano esprimendo la sua volontà di vivere e di celebrare la vita, rifiutando la morte come soluzione.

Personalmente, questa è una testimonianza molto personale che mostra le difficoltà individuali di fronte alle ingiustizie sociali e alle sfide personali. L’autore sembra essere frustrato e desideroso di giustizia e di riconoscimento per il suo impegno e la sua serietà. La sua determinazione a non arrendersi e a vivere pienamente è un segno di resilienza e forza.”

Buona lettura.

Claudia Radi (.blog)

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