Il senso critico (tratto da ‘Sulla Poesia’)

(Capitolo III, psicologia della genitura, Paragrafo II)

Ho ricevuto un’educazione ferrea e religiosa.

Dall’asilo fino alla terza media ho frequentato le lezioni in una scuola privata.

Furono ovviamente i miei genitori che scelsero di iscrivermi in quell’istituto scolastico vicino a casa, parificato e gestito da suore.

La mattina mia madre dopo la colazione e dopo averci fatto vestire, pettinava i capelli a me e mia sorella e li legava con delle trecce, codini, appore a coda di cavallo.

Uscivamo con il nostro grembiule bianco e la cartella e mia madre, prendendoci per mano, ci accompagnava a scuola.

Le suore si complimentavano con lei per il fatto che né io e neppure mia sorella di un anno più grande, fossimo mai assonnate, stanche o sedute al banco con le spalle ricurve.

‘’Dopo il carosello a letto’’ questo il diktat serale e così fu almeno fino alla fine delle scuole elementari; poi mio fratello, di 16 mesi più piccolo di me, cominciò a sbirciare attraverso la porta a soffietto del soggiorno i programmi televisivi che i miei continuavano a guardare e, per evitare di doverlo sempre riprendere e rimettere a letto, tutti insieme cominciammo a vedere qualche programma in più.

Tornando all’educazione religiosa ricevuta, ricordo che durante la partecipazione ad un incontro organizzato in prossimità del Natale, al quale le mie insegnanti portarono me e le mie compagne di allora, mentre il prete relatore illustrava gli argomenti che avrebbero dovuto suscitare in noi delle riflessioni ponendoci delle domande, ad una risposi.

Risposi esattamente sulla base dell’insegnamento ricevuto, ma il prete si arrabbiò.

Si arrabbiò, non ci posso ancora credere…avrò avuto 11 o 12 anni.

Le altre ragazze presenti ascoltavano, non rispondevano e per questo mi sentii in dovere di farlo io, di rispondere sulla base degli insegnamenti fino a quel momento ricevuti.

La sua espressione, il tono che usò e la frase che pronunciò mentre mi guardava, non li posso dimenticare: ‘’Hai imparato la lezioncina a memoria?’’.

Probabilmente lo vide che rimasi molto male (forse sbiancai e lo guardai nel modo che mi contraddistingueva in questi casi: pugnalandolo con gli occhi); fatto sta che si riprese subito cercando di spiegarmi meglio che cosa intendesse, senza distogliere mai il suo sguardo dal mio.

Oggi ho capito che cosa intendesse, allora capii solo che ero in balia degli adulti che si contraddicevano di continuo e restai in un silenzio che valse più di mille parole.

Si può essere condizionati e non saperlo.

Si può essere onesti, buoni, coraggiosi e ugualmente condizionati da un ideale che a tutti i costi vogliamo difendere.

Si possono ammirare e stimare persone che non riusciamo a vedere per quello che sono, semplicemente perché non siamo ancora in grado di vedere noi stessi.

Il mondo come l’ho conosciuto allora, non ha coinciso con la verità di quello che ho vissuto poi, ma quello che ho imparato allora, il senso più profondo di quello che mi ha strutturato : l’amore, l’osservare delle regole, coltivare la mia naturale visione estetica del mondo circostante, la felicità che deriva dall’assenza di precarietà, la serenità, l’iniziale certezza di perenne e universale integrità morale, mi è servito a formare l’onestà intellettuale di oggi e a capire l’utilità di un pensiero critico, l’unico che ti può condurre al centro del tuo senso critico e ad avere delle opinioni personali, impedendoti di essere risucchiata nel vortice dell’oggettificazione e della massificazione verso le quali la realtà circostante , a tutti i costi, vorrebbe spingerti (…).

(di Claudia Radi, tutti i diritti riservati)

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