L’autorevolezza del professionista (già pubblicato, sul precedente blog, il 04.07.2022)

di Claudia Radi, commercialista e giurista.

“La verità in azienda spesso fa male, ma è un “male necessario” per ottenere cambiamenti.

In questi casi la forma conta moltissimo, forse ancor più della sostanza.

Puoi avere tutta la ragione del mondo, ma se ti poni in modo prepotente o aggressivo non otterrai che chiusura dall’altra parte.
Tu che ne pensi?”

Quella sopra riportata, è la parte finale del contenuto di una promozione riferita ad un corso di formazione, pervenutami qualche giorno fa tramite e-mail.

Non mi sono potuta esimere dal rispondere alla domanda…

Sono una commercialista e, in via preliminare, preciso che mi sono state mosse critiche circa una mia presunta perentorietà.

In epoca più recente questa mia ‘’perentorietà’’ si sarebbe manifestata nell’esporre al cliente quelle azioni doverosamente da compiere, con riferimento alla sua azienda (azioni consigliate, ovviamente e rientranti nell’ambito delle mie competenze).

Già il verbo ‘’dovere’’ risuona in modo un po’ antipatico ed è risaputo che i clienti siano spesso suscettibili…

E allora mi chiedo: esiste un modo gentile (sempre ammesso che il mio non lo sia stato), che risuoni ugualmente autorevole e chiaro, per comunicare ad un’azienda l’urgenza di un comportamento da adottare adeguato a questa ‘’urgenza’’?

Un professionista, durante lo svolgimento del mandato di consulenza e assistenza contabile, fiscale e aziendalistica, conferitogli da un’azienda, può NON insistere se la governance aziendale si rifiuta di eseguire azioni mirate alla salvaguardia della continuità aziendale e da realizzare nell’ottica di creare un percorso da intraprendere che si adatti più velocemente e facilmente, alla reale situazione di benessere/malessere dell’azienda?

Forse ‘’l’autorevolezza’’ del professionista, della quale negli ultimi dieci giorni ho sentito spesso parlare con riferimento alla figura dell’‘’esperto negoziatore’’ (di cui al D.L.118/2021), consiste nel poter dire (senza per questo correre il rischio di essere tacciato/a di prepotenza e aggressività) quello che deve essere detto?

Per ritornare al contenuto della ‘’promozione’’ pervenuta e alla domanda in essa contenuta, l’esperienza (di commercialista con poco più di trent’anni passati a contatto con gli imprenditori/le imprenditrici e le loro aziende) mi porta ad affermare il contrario e cioè che sia il professionista a dover subire l’atteggiamento aggressivo del cliente in difficoltà, e non viceversa.

È quel cliente che non accetta il ‘’devi’’, neppure quando pervenuto dopo frequenti procrastinazioni, finanche nel corso di un rapporto di collaborazione intrattenuto da decine d’anni (e con dati oggettivi alla mano)!

In questo senso, allora, serve avere la capacità professionale di saper orientare e controllare l’insorgere di atteggiamenti aggressivi, ma è possibile esercitarla (la comprovata capacità professionale…) solo se c’è ancora la possibilità di utilizzare quel valido strumento consegnato a suo tempo dall’imprenditore stesso al professionista e cioè la fiducia, sulla base della quale gli è consentito agire generando crescita e non declino.

Ma se la fiducia diventa rappresentativa solo di una terminologia superata, svuotata di significato, schiacciata dagli eventi ineluttabili che, dall’iniziale volteggiamento in aria, all’improvviso come un macigno irrompono nella realtà aziendale, ecco che nulla è più funzionale e possibile.

E allora diventa doveroso evidenziare che le difficoltà derivanti dalla crisi economica (e quelle dovute ai recenti successivi eventi…), finanziaria, gestionale e di sistema…, spesso spingono l’imprenditore ad un pericoloso ‘’fai da te ”, soprattutto quando decide di vedere nel professionista di riferimento, non la persona di fiducia precedentemente scelta, ma  il grillo parlante che insiste (indipendentemente dalla forma utilizzata e con le conseguenze del caso…) quando il proprietario dell’azienda (la Governance..), al contrario, decide di non volerlo più ascoltare.

Quindi, tornando a parlare dell’‘’autorevolezza del professionista’’, ritengo sia corretto cercare di rispondere alla seguente domanda: in che cosa consiste?

È insita esclusivamente nel carattere autoritativo di una legge che implicitamente la preveda?

E se questa legge, ad esempio quella che ha introdotto il neoistituto della composizione negoziata della crisi (D.L.118/2021), può agire solo in seguito all’adesione volontaria dell’imprenditore, significa che al di fuori di detta procedura il professionista consulente dell’azienda, non è/era tenuto ad essere perentorio nei confronti del suo cliente, per quello che riguarda le misure necessarie da mettere in atto con urgenza, per le finalità sopra evidenziate?

Alla luce delle poco meno 200 aziende che hanno richiesto l’accesso al neoistituto, direi che ipotizzare un dilagamento della crisi di fiducia ben oltre il professionista di riferimento, non sia fuori luogo.

Oppure (o anche) c’è da domandarsi se gli strumenti e le agevolazioni offerte da questo neoistituto, non siano ormai più all’altezza della situazione…

Sempre a proposito della ‘’valutazione’’ a cura del professionista di riferimento dell’azienda, è possibile affermare che la stessa sia da considerarsi facoltativa?

Oppure, al contrario, il professionista incaricato è deontologicamente obbligato a comunicare il carattere dell’urgenza, anche in presenza di un atteggiamento di risposta aggressivo pervenuto dal cliente che ritenga di conoscere strumenti di ‘’salvezza’’ più efficaci rispetto a quelli da lui consigliati?

Detto questo è comunque opportuno convenire con coloro che affermano l’importanza dell’autorevolezza nella figura del professionista, che gli venga riconosciuta oppure no, che si cerchi di screditarlo o che al contrario lo si sostenga per evitare che lo sia!

Ma se l’autorevolezza è importante, è anche vero che non si può, ad esempio, considerare meno autorevole un medico che scelga di partire per le missioni in Africa, rispetto a quello che decida di rimanere nel suo studio confortevole sviluppando anche importanti public relations.

Ritengo infatti, che parlare di autorevolezza con riferimento ad un professionista, implichi la responsabilità di chiarire e argomentare dettagliatamente il significato che si vuole attribuire a questo aggettivo: non ci si può limitare ad un proclama che sentenzi ‘’l’esperto negoziatore deve essere autorevole’’! È una mia opinione quindi, che sia necessario elencare ufficialmente e non solo ufficiosamente, quali sono questi nuovi criteri di ‘’accesso al lavoro ’’ (tutti i criteri..) per una professionista ordinistica, generando quell’evidenza che consenta di analizzarli e all’occorrenza prontamente contestarli, e non lasciare che qualcuno li possa considerare vigenti ancor prima che siano stati legittimati.

Claudia Radi, foto luglio 2014.
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