Ho letto molti post pubblicati sui social in questi giorni in relazione all’ultimo terribile femminicidio di Giulia Tramontano, la donna incinta di sette mesi, compiuto dal compagno e padre del bambino con il quale conviveva.
Tra questi post uno in particolare mi ha colpito.
È stato pubblicato da persone appartenenti alle forze dell’ordine e una delle due in particolare, sottolineava la necessità di non dare, per questo terribile fatto di cronaca nera, brutale femminicidio e interruzione non volontaria della gravidanza accaduto, un’immagine negativa del sistema; chiedeva di non indurre, attraverso la comunicazione mediatica, altre donne a pensare che un ultimo colloquio chiarificatore con il proprio compagno sia il preludio alla loro morte e quindi da evitare.
Questo perché, proseguiva concludendo, non tutti gli uomini sono capaci di simili azioni crudeli.
Devo dire che pensare di cambiare il sistema non parlando dei risvolti negativi ed esaltando i positivi, l’ho trovata una proposta surreale.
Com’è possibile intessere un discorso così riduttivo di quella che definirei una vera e propria piaga sociale?
Ma soprattutto: com’ è possibile continuare a pensare utilizzando logiche di questo tipo?
Qualsiasi logica applicata, infatti, dovrebbe partire da assunti sostenibili e, in relazione alle donne che possono ancora subire violenze (in questo ultimo caso estremo la morte insieme al proprio bambino ancora in grembo) da parte di uomini che fino al giorno prima vestivano i panni della normalità, non esiste a mio parere, altro assunto possibile che non sia quello dell’estrema prevenzione e dell’informazione.
In assenza di un cambiamento radicale dei costumi, in presenza di un obsoleto funzionamento del sistema che ignora importanti cambiamenti già avvenuti, in assenza di una crescita culturale che implichi il rispetto per l’altro, in assenza di un vero cambio di passo nell’educazione scolastica dei bambini e delle bambine, infatti, come si fa a pensare che il fenomeno dei femminicidi possa scomparire?
Arrivare ad ammazzare una donna non può che avvenire per un’escalation di pensieri che parte da lontano, per una convinzione maturata all’interno delle mura domestiche e del proprio ambiente sociale, che la donna sia solo strumentale (asservita a determinati fini) e, per questo, debba comunque sempre eseguire il ruolo che le viene attribuito: che sia di madre o di strumento di sesso non importa.
Fin tanto che rimarrà nei costumi questa convinzione della necessità di attribuire alla donna un ruolo ben preciso dal quale non potrà derogare, continueremo ad assistere alla loro eliminazione quell’ultima volta che, in una netta presa di coscienza, si rifiuteranno di accettarlo.
Claudia Radi (. blog), in memoria di Giulia e del suo bambino.