Osservazioni sul menefreghismo

(tratto da ‘Sulla poesia ‘ di Claudia Radi, Capitolo settimo ‘L’intelligenza e la poesia’, paragrafo terzo)

Sembrerebbe che da qualche parte esistano emozioni, sentimenti, dolcezza, capacità di discernimento, senso critico, libertà di pensiero.

Sembrerebbe anche che tanta letteratura sia stata prodotta per dar voce e formalizzare l’esistenza di tutto questo.

I giovani lo sanno? Qualcuno glielo ha spiegato?

Qualcuno ha spiegato ai giovani che si cresce attraverso l’espressione delle loro emozioni, dei loro dubbi, delle loro ansie e paure, attraverso l’emersione delle loro insicurezze che nell’azione della loro vita supereranno purché la vivano mettendosi in gioco?

Qualcuno ha spiegato ai giovani che esiste il tempo e il suo trascorrere porterà loro nuove consapevolezze, nuove visioni e nuove verità?

Qualcuno ha spiegato ai giovani che apparentemente il menefreghismo li salva dal dolore, chiedendogli in cambio il mancato sviluppo in progress della loro vita?

E qualcuno gli ha spiegato l’importanza delle parole per esprimere compiutamente i loro pensieri, argomentare che cosa ritengono ingiusto oppure giusto, alimentati dalla forza che da loro l’ardore della loro giovinezza?

Oppure è stato deciso che sia troppo impegnativo e difficile e per questo debbano essere forgiati come strumenti obsoleti da rottamare in un prossimo futuro?

‘’Chissenefrega’’ è lo slogan dell’individualista più volte schiacciato dall’indifferenza degli altri, che si è creato la sua dimensione blindata dove non risuona più neanche l’eco di quella voce che meritava di essere ascoltata: quella della sua specificità, della sua unicità, del suo sorriso spontaneo che esplodeva al sole in una splendida giornata di primavera, delle sue lacrime sincere di gioia per quell’emozione che lo ha attraversato e lo ha messo in contatto con il divino presente in lui..

Il menefreghismo è una reazione, sia chiaro, non è un’emozione; anzi, direi che il menefreghismo è la negazione di tutte le emozioni, perché se ne lasci emergere anche solo una, poi non riesci più a fermarti.

Che poi il menefreghismo è anche la negazione del pensiero: ‘’me ne frego!’’ ed ecco qui spiattellata la fine dell’intelligenza.

Senz’altro ogni tanto un ‘’chissenefrega’’ ci sta pure, ma per pietà, non vi attaccate al particolare per giustificare il vostro totale menefreghismo.

È vero, è vero, sappiamo tutti che la maschera del menefreghista è solo uno schermo nei confronti del mondo e di una realtà sempre più crudele da digerire, ma la verità è che con questo schermo tengono fuori la vita, la loro capacità di esercizio della diversità, di quello che vorrebbero vivere, la loro capacità di essere diversi.

Il menefreghismo è la negazione della vita, non si può sostenere il contrario…

La vita richiede capacità di vivere il dolore e di sopportarlo se serve, richiede la capacità di vivere la gioia e condividerla per testimoniare la sua esistenza e spargere i suoi semi nella terra circostante, irrorandola con il proprio sorriso.

L’aspetto pericoloso di tutto questo è che un discorso così sta diventando banale, irrealizzabile, fantasioso, quasi ridicolo.

Per me è il menefreghista ad essere ridicolo, nella sua perenne finzione di vita.

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